Home » Electrospinning » Nanofibre » Come le nanofibre cambiano il settore della filtrazione
Una delle più grandi sfide attuali consiste nel produrre acqua e aria pulite o, meglio ancora, nel garantire a una popolazione mondiale in crescita costante aria salubre e acqua pulita.
Nella maggior parte dei casi, ci si trova di fronte a sostanze che devono essere necessariamente pulite prima di poter essere utilizzate in sicurezza. Aria e acqua vengono spesso trattate per diminuire o rimuovere i contaminanti presenti. A seconda del soggetto e dell’inquinante, è possibile impiegare metodi chimici come l’ossidazione e la disinfezione, tecniche fisiche come la sedimentazione e la filtrazione o processi biologici quali la digestione aerobica o anaerobica.
Di particolare interesse è oggi la filtrazione attraverso membrane che, a seconda delle proprietà di queste ultime, si distingue in microfiltrazione, ultrafiltrazione, nanofiltrazione, osmosi inversa e distillazione a membrana.
La microfiltrazione ha acquisito sempre maggiore attrattiva come metodo di pretrattamento (ossia quella fase che precede la filtrazione vera e propria) per la purificazione di aria e acqua, per applicazioni mediche, biologiche e industriali, così come per la rimozione di ormoni e microrganismi dalla superficie dell’acqua o dalle acque reflue tramite il passaggio in una membrana porosa con dimensione dei pori tra 0.1 e 10 micron. Tuttavia, la tendenza dei contaminanti a incrostare e intasare le membrane riduce significativamente l’efficienza del processo.
Quando le particelle più grossolane vengono rimosse con l’ausilio di un prefiltro, l’unità filtrante può essere utilizzata per periodi più lunghi e in modo più efficiente prima di essere pulita o sostituita, generando risparmio economico e riduzione nella produzione dei rifiuti.
L’ingrediente principale delle membrane filtranti sono i polimeri di varia natura. Le membrane polimeriche più utilizzate possono essere prodotte con diverse tecniche, risultanti in membrane con un elevato tasso di intasamento e difficoltà nel passaggio di flusso. L’elevato tasso di intasamento è attribuibile alla distribuzione asimmetrica delle dimensioni dei pori e alla presenza di piccoli pori sulla superficie, che si otturano facilmente. La performance di basso flusso è invece dovuta alla scarsa porosità della membrana.
L’uso delle membrane filtranti in nanofibre ha guadagnato sempre più popolarità nell’ultima decade grazie alle proprietà fisiche e meccaniche uniche di queste ultime. Tra queste, vale la pena menzionare il grande rapporto superficie/volume (un’ampia superficie disponibile per la filtrazione dei contaminanti, in un piccolo volume) e i pori di piccole dimensioni, che rendono le nanofibre adatte a una grande varietà di applicazioni – tra cui, appunto, la filtrazione.
Le nanofibre sono fibre caratterizzate da dimensioni minuscole – nell’ordine dei nanometri – e il cui ingrediente indispensabile, al fine di produrre fibre fini e ultrafini, sono i polimeri. Questi ultimi possono essere definiti come macromolecole ad alto peso molecolare composte da numerose unità elementari, i monometri, unite da un legame covalente così da formare lunghe catene. I polimeri, a seconda della loro origine, si distinguono in naturali, artificiali o sintetici.
Esistono vari procedimenti per generare nanofibre, sia partendo da polimeri fusi, ovvero polimeri termosensibili che si liquefano a temperature elevate, sia da polimeri disciolti in soluzione.
Tra le diverse tecniche impiegate nella produzione di nanofibre, quella d’elezione è l’Electrospinning (o Elettrospinning), che consente di realizzare fibre con diametro nell’ordine dei nanometri (convenzionalmente, da dieci a qualche centinaio) in modo relativamente semplice ed economico.
L’Elettrospinning permette di ottenere fili ultrasottili solidi a partire da polimeri in soluzione. I materiali risultanti di questa tecnica presentano una grande area di superficie, sono molto leggeri, altamente porosi, e si caratterizzano per una struttura a pori interconnessi che si riflette in una più elevata permeabilità ed efficienza di separazione.
Tra le altre proprietà distintive delle nanofibre vanno poi ricordate:
Mettere a fuoco queste caratteristiche è fondamentale per comprendere in quali e quanti modi le nanofibre si differenziano dai materiali tradizionali, in particolare nell’ambito della filtrazione. Aiuta anche a capire perché, nel prossimo futuro, i media filtranti in nanofibre saranno considerati lo standard da seguire in queste applicazioni.
La filtrazione con media filtranti in nanofibre si differenzia in modo significativo rispetto alla filtrazione con materiali tradizionali. In primo luogo, le nanofibre – con il loro diametro inferiore al micrometro – possono intrappolare particelle di dimensioni infinitesimali, come virus, batteri e altre microscopiche impurità, contrariamente ai materiali filtranti tradizionali che, avendo pori più grandi, non sono in grado di catturare particelle di dimensioni nanometriche.
Inoltre, le nanofibre presentano una superficie specifica eccezionalmente elevata e permettono una maggiore interazione con le particelle da catturare. Per quanto riguarda l’efficienza di filtrazione, quella offerta dalle nanofibre si dimostra quindi superiore.
In termini di peso e dimensioni, le nanofibre sono estremamente sottili e permettono dunque la produzione di filtri più leggeri e compatti rispetto a quelli realizzati con materiali filtranti tradizionali, per loro natura più spessi e pesanti e quindi con risultati di efficienza sostanzialmente incomparabili.
Infine, le nanofibre trovano impiego in applicazioni di filtrazione specifiche e specializzate, come la realizzazione di maschere facciali ad alte prestazioni (dispositivi di protezione individuale – DPI), filtri per l’acqua, filtri per dispositivi medici e per applicazioni industriali avanzate. Al contrario, i materiali filtranti tradizionali sono impiegati in una gamma più ampia di applicazioni generali ma potrebbero non rivelarsi altrettanto adeguati a soddisfare esigenze specifiche di filtrazione.
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